NippoPill© Libri di storia e reparto alimentari

Se domani al supermercato sopra il banco delle patate trovaste la scritta “provenienza: Chernobyl” pensereste di aver letto male. O a uno scherzo di pessimo gusto, o che magari siamo davvero arrivati alla follia.

Dall’estate del 2011 anche in Giappone è obbligatorio esporre la provenienza di qualsiasi merce alimentare in vendita nei supermercati.

Questi sono cetrioli di Fukushima.

 

Normalissimi cetrioli.

Non sono a forma di pera o di stella o di banana. Non hanno tre teste e neanche le doppie punte. Hanno subìto (voglio sperarlo, e devo fidarmi) i prescritti controlli a campione e la concentrazione di radioattività è senz’altro sotto il limite stabilito.

Non sono quindi pericolosi per la salute.
Certo non più di una sana mezz’oretta di jogging a pieni polmoni sul tapis-roulant di una nostra cantina satura di radon.

Però fa specie.
Cetrioli di Fukushima.
È un pugno nello stomaco.
Ditemi di no.

Fukushima resterà ahimè nei libri di storia. Come Three Mile Island 1979, come Chernobyl 1986, come il prossimo incidente nucleare serio.
Davanti a quei cetrioli ti senti per un attimo come se stessi osservando una foto su un libro di storia. Meglio, come se ci fossi tu, dentro a quel libro di storia.
Tu e quei cetrioli.

Ho girato apposta per un po’ attorno a quello scaffale. La cassetta era già mezza vuota ma volevo vedere se, e soprattutto chi, si fosse avvicinato per comprarne degli altri.
Non ho dovuto aspettare molto.
Si è fermata una signora sui trentacinque anni. Li ha guardati, poi con fare tranquillo ne ha presi tre o quattro, li ha infilati in un sacchetto. Ha chiuso il sacchetto e l’ha messo nel carrello.
E solo allora ho visto il bambino che spingeva il carrello.

25 pensieri su “NippoPill© Libri di storia e reparto alimentari

    • È estremamente interessante! Proprio ciò che si fa più fatica a trovare, l’intensità relativa dei diversi tipi di esposizione e un confronto realistico e soprattutto visivo e molto immediato fra questi.
      Grazie!

  1. Ian, non so come mi comporterei, riesco ancora a comprare frutta e verdura dai contadini, ma loro stessi ti dicono che ormai i prodotti “sani”, quelli “di una volta” non si trovano più; puoi coltivare il tuo orticello con tutta la cura e il rispetto per l’ambiente, ma se hai accanto un campo dove vengono usati pesticidi o ogm, di certo il tuo non si salva; su radiazioni o rifiuti tossici in generale, poi, il discorso si fa ancora più complicato: comprendere gli effetti, per restare in Italia, di discariche abusive e tossiche, poterli almeno controllare… ecco, contro questi mostri il piccolo coltivatore può fare poco o niente.
    Le future generazioni vedranno chiaramente le conseguenze di questi veleni, forse ci estingueremo o forse diventeremo forti e indistruttibili come le blatte 😀
    P.s. ma come sono i cetrioli giapponesi? Hanno un bell’aspetto =)

    • Vero.
      Mi chiedo anch’io in che termini tutto ciò peserà sul futuro di questa e delle prossime generazioni. La risposta è, credo, che non lo sappiamo. Non lo sa nessuno.
      A volte mi chiedo anche se oggi non siamo forse portati un po’ troppo a mitizzare il concetto di “sano” e “di una volta” – parlo ovviamente in senso generale. In fondo, un tempo si moriva molto di più, e molto prima di oggi. “Naturale” non è ahimè sinonimo di “sano”.
      Hai senz’altro notato, poi, come due parole di per sé ontologicamente neutre come “biologico” e “chimico” abbiano assunto nel linguaggio corrente un’accezione positiva, la prima, e negativa, la seconda. E che? La biologia è una cosa buona e la chimica cattiva?
      Non posso rispondere alla tua ultima domanda: quei cetrioli che vedi, non li ho comprati. Ma ti assicuro che in genere la frutta e la verdura in Giappone hanno un sapore ben poco paragonabile a quello cui siamo abituati in patria. Siamo abituati bene! 😉

      • Penso spesso anch’io al significato che hanno assunto “biologico” e “chimico” nell’uso quotidiano, e ho imparato a non discriminare la chimica, che, anzi, offre valide alternative, per esempio, a chi non vuole usare prodotti di origine animale (nei cosmetici specialmente); in genere mi preoccupo del chilometro zero, nel senso che do la precedenza ai prodotti “vicini” (quando è possibile), evito le tristissime confezioni da uno, da due etc (che mi mettono ansia solo a pensarci), cerco di ridurre plastica e varie, ma per il resto penso sia impossibile adottare una strategia.
        Certo, conoscere la provenienza è un ottimo inizio, ma se penso a tutte le discariche che stanno dalle mie parti… 😐
        Conosco tantissime persone che comprano uova biologiche confezionate e non badano alla dicitura sull’allevamento (se in gabbia o meno); comprano insalate confezionate biologiche, pasta da farine biologiche, riso, e via dicendo; io, di base, credo che se un prodotto è confezionato, di bio avrà ben poco (se con biologico s’intende tutta una serie di norme che includano un’etica ambientale), quindi mi metto l’anima in pace e faccio da me quel che posso fare: biscotti, pasta non troppo complicata, torte, marmellate, e via dicendo.
        Ecco, più che altro penso si possa tentare un ritorno ai prodotti di stagione, magari congelando o conservando qualcosa, ma consumando frutta e verdura nei loro periodi. Forse questo potrebbe essere un buon modo per iniziare a pensare “naturale”, rispettando i cicli (e quindi mangiando prodotti più buoni, meno costosi -perché un peperone cresciuto col sole ha un sapore diverso da uno cresciuto in serra- e… boh, forse anche più sani?).
        E però dovevi comprarli quei cetrioli!!! 😀

  2. E’ un po’ come la questione della terra dei fuochi che è venuta fuori in questi giorni. Mi faccio le stesse domande al supermercato e la sensazione si, è un po’ come quella…

  3. … che strana popolazione … ah beh, certo, noi invece ahahah
    Ognuno a modo suo. il mondo è bello perchè è vario.
    Io però credo che ecco, una scena così in Italia … i cetrioli resterebbero lì, chi si fida più di questo paese? Forse loro credono ancora nella sincerità del loro Paese.
    (Le maiuscole non sono a caso U_U )

    • La mia impressione, soggettiva e individuale, è in ogni caso questa.
      Prima di Fukushima vivevano in una specie di realtà semivirtuale e, per essere gentili, un filo ingenua.
      Credevano sinceramente nel loro paese. Nel rigore, nelle regole, nei controlli.
      Poi è arrivata questa disgrazia.
      La gente è stata stoica, impeccabile. Ma l’acqua ha tolto la vernice da certe crepe.
      Hanno conosciuto anche loro le bugie, le false rassicurazioni, le verità negate con ostinazione pure di fronte all’evidenza (tutte cose cui noi siamo peraltro ben vaccinati).
      Insomma, non che prima dormissero: ma si sono finalmente fatti più svegli anche loro.

  4. Interessante… ma forse la vera prova sarebbe da fare a luce spenta! eheheh. Solo così si capisce se quello che riporta l’etichetta è corretto (cioè che ha superato i controlli).
    Comunque mi ricordo anche io di Chernobyl… oltre a non mangiare niente, veniva proibito anche di giocare o sdraiarsi per terra… eheheh

        • Permettimi di stringerti la mano, questo che hai appena scritto è stato il commento n. 1000 sul presente blog.
          1 novembre 2013, ore 19.01 Central European Time.
          Da tempo mi chiedevo chi se lo sarebbe aggiudicato.
          Ha vinto il Re degli dèi, il Sovrano dell’Olimpo, il Dio del cielo e del tuono.
          Me lo piglio come un buon auspicio.
          😉

          • Troppo onore. Il millesimo cliente. Mi sembra un ottimo auspicio, gli aruspici dicono che tutto è ok.. ma probabilmente perché stavano guardando le interiora di una capra e non la guerra sotto le mura. Vabbeh. Nonsense a parte, contento di essere stato parte della STORIA 😀

  5. Ehm… lo sai che gli effetti si vedono dopo.
    E non sui cetrioli, ma su chi li mangia.
    Sembrano normalissimi cetrioli, forma e colore normale.
    Gli effetti però saranno normali?
    Adesso son qui che continuo a chiederemi, li avrà mica mangiati anche lui?
    Non mi resta che aspettare…
    gli effetti…
    li scoprirò sui prossimi post! :O

  6. Non so dire se può essere fatalismo, fiducia in chi fa rispettare le regole alimentari, indifferenza… ma c’è da pensarci su. Ai tempi di Chernobyl nessuno mangiava più verdure a foglia larga, da qualsiasi parte provenissero…

      • In casi come questi credo sia necessaria molta lucidità e, comunque, dati certi e affidabili. L’affidabilità delle strutture di controllo, però, deve essere assoluta. Un bel problema, davvero.

    • Mi viene in mente l’influenza aviaria. Penso ai crolli (inutili, ingiustificati) dei consumi di carne.
      A certa diffusa ignoranza.
      Ma d’altra parte: come ti puoi fidare di certe persone, di certe autorità, la cui… autorevolezza, scusa il gioco di parole, valuti meno di zero?
      Mi sembra un cane che si morde la coda.
      La soluzione, secondo me, è una sola: istruzione, istruzione, istruzione.
      Solo così sai (forse) scegliere meglio le fonti delle tue informazioni, giudicare e trarre conclusioni (il più possibile) corrette.

      • Sono d’accordo con te, l’istruzione è il cardine di una buona società, in tutti i sensi. E hai ragione anche sull’aviaria, paure senza fondamento alimentate ad arte per fare audience. Speriamo in un futuro più consapevole… almeno speriamo. Buona serata!

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